Campionato fermo, allenamenti fermi. Tutto fermo. E noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori. Oggi tocca a Pietro Dentice, jolly difensivo classe 1995 arrivato nel mercato di riparazione. Originario di Torre Annunziata, può vantare diverse esperienze in C con Juve Stabia e Siracusa, e in D con Reggina, Akragas e Aurora Seriate. Quest’anno, invece, ha vestito nella prima parte di campionato la maglia del Pavia, prima di rientrare in Campania e sposare il progetto Polisportiva Santa Maria. Di seguito, ecco l’intervista integrale:
Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria?
“Un’esperienza unica come ogni annata, anche se questa la devo paragonare a quelle annate stupende, importanti, perché quando hai l’obiettivo di vincere diventa tutto più bello!”
Qual è l’arma vincente, secondo te, di questa squadra?
“C’è una parola che possa racchiudere quello che siamo noi, e quella parola cuore, tanto cuore!”
Come nasce la tua passione per il calcio?
“Il calcio nella mia vita è sbocciato tardi, forse perché questa passione è iniziata per via di problematiche in famiglia e mi sono rifugiato in questo sport che poi è diventato ragione di vita. Ho iniziato a giocare a l’età di 12 anni, e l’anno dopo mi sono ritrovato ad abbandonare la mia famiglia per quello che poi è diventato il mio sogno”.
Qual è il tuo momento calcistico più bello?
“C’è ne sono tanti. Avevo 16 anni e venivo da un annata importante al Sudtirol, categorie allievi nazionali. Quell’anno iniziò la mia esperienza da terzino destro collezionando ben 8 gol, e iniziai a farmi notare dalla prima squadra militante in C1. Terminato l’anno, mi dissero che dovevo iniziare il prossimo ritiro con la prima squadra. Quando mi arrivó una chiamata quasi a metà luglio dal mio procuratore dicendomi che non facevo più parte del progetto prima squadra Sudtirol, io mi posi tante domande chiedendomi del perché questa decisione. Ma come ? Cosa è successo ? E il mio procuratore disse che ero statoceduto al Palermo! Mi ricordo ancora bene. Ero al mare, corsi da mia madre e gli dissi che dovevo prendere l’aereo, e lei senza sapere la squadra pianse a singhiozzo. Arrivò il giorno della partenza. Iniziai il ritiro impegnandomi al massimo, ma era già da un mese che mi portavo dietro una pubalgia cronica causata dai troppi minuti giocati nell’annata precedente tra Allievi e Beretti, e quindi dopo un paio di settimane di lotta per stare al passo se ne accorsero e non vollero puntare più sul mio acquisto. Un momento bello e duro. Mi rimboccai subito le maniche, e poi mi ritrovai in C due anni dopo vincendo un campionato D/C con l’Akragas e l’anno dopo ancora con il Siracusa. Quello che voglio dire è che i momenti brutti bisogna accettarli tanto quanto quelli belli, perché sono proprio quelli che poi ti spingono a raggiungere ciò che ti sembrava impossibile!”
A quale calciatore t’ispiri?
“Mi piace guardare Marcelo, Dani Alves, Cancelo, anche se penso che mi avvicino più alla caratteristiche di Letizia del Benevento”.
Cosa fai quando non dai un calcio a un pallone?
“Quando erano aperte mi piaceva andare in palestra. Ora come ora mi è rimasta solo la tv e ovviamente scherzare con mio figlio!”
Il tuo messaggio in un momento così delicato per tutta la nostra Nazione?
“La vita oggi ci ha fatto capire che non esiste forza economica, non esiste bellezza, non esiste il più e il meno. Forse da questa esperienza ne usciremo distrutti su tanti fattori, ma su una cosa sicuramente miglioreremo, ossia dare più valore a ciò che fino a ieri davano per scontato. Penso che nella vita i dolori sono sicuri, la felicità dobbiamo crearcela noi. Quindi non molliamo, che dopo la tempesta arriva sempre quel sole sperato!”