Polisportiva Santa Maria, Abeti: “Programmazione a lungo termine importantissima. I giovani devono crescere senza pressioni”

Campionato fermo in attesa di conoscere l’evoluzione della situazione che varia di giorno in giorno. Noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori, e anche chi fa parte del settore giovanile giallorosso. Oggi tocca a Raffaele Abeti, allenatore dell’U16 e dei Primi Calci 2011-2012. Di seguito, ecco l’intervista integrale:

Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria.

“Quest’anno ho allenato due gruppi, l’U16 Provinciale con cui abbiamo vinto anche il campionato perchè a tre giornate dalla fine, prima del coronavirus, eravamo primi in classifica a tre punti sulla seconda e con una partita in meno da recupere. Ho allenato anche i Primi Calci 2011 e 2012. Questo è il mio secondo anno a Santa Maria, però è la prima volta che vengo qui ad allenare. E’ stata una grande esperienza. Ho conosciuto persone di sani principi e valori, dal presidente fino al grande magazziniere Costabile”.

Qual è l’arma vincente, secondo te, per la costruzione di un settore giovanile fruttuoso ed efficiente?

 “La cosa più importante è la programmazione a lungo termine. Programmare è fondamentale in qualsiasi settore, quindi anche nel calcio e settore giovanile. Costruire un organigramma dove tutte le persone rispettino i propri ruoli in modo che si lavori in pace”.

Come nasce la tua passione per il calcio?

“La mia passione è nata da quando sono uscito dal feto materno. Posso dire che sono uscito con un pallone in mano, quindi è una cosa che mi porto da sempre”.

Qual è, secondo te, l’aspetto più importante da trasmettere ai ragazzi?

“Per me ci sono dei valori importanti come la lealtà, la correttezza, il fair-play che sono valori fondamentali per la crescita e formazione prima come uomo e poi come calciatore”.

In cosa bisogna migliorare in Italia per quanto riguarda la valorizzazione dei giovani?

“I giovani devono crescere senza pressioni facendo il proprio percorso, senza la pressione di genitori e procuratori che credono di avere dei campioni già pronti per grandi palcoscenici”.

Cosa bisognerebbe instaurare, secondo te, per potenziare ancor di più il settore giovanile italiano?

“Bisogna lasciar crescere i ragazzi, e c’è bisogno anche dell’aiuto della Federazione che deve investire di più sulle piccole società e non soltanto su quelle professionistiche. I più piccoli devono essere “educati” da degli istruttori di scienze motorie perchè già in tenera età devono perseguire alcuni obiettivi come il saper camminare e correre. Invece io noto spesso che ci sono allenatori che pensano che il risultato è la cosa più importante, e insegnano loro solamente come si calcia un pallone senza sapere, poi, i principi della motoria come correre e saltare”.

Silenziosi, ma imprescindibili: spazio anche per i magazzinieri della Polisportiva Santa Maria

Ruolo silenzioso, ma dannatamente fondamentale per la stagione di una squadra di calcio. Stiamo parlando del magazziniere, in particolare di Costabile De Marco, Gerardo Tavola e Marcello Di Matteo che per la Polisportiva Santa Maria offrono da anni il loro prezioso lavoro a tutti i calciatori a partire dai Pulcini fino alla Prima Squadra. Perchè alla fine, dietro ai successi di una squadra, dev’esserci sempre una grande organizzazione alla base, che parte da una società solida e competente, capace non solo di agire a livello calcistico ma anche a livello umano. Ecco perché i magazzinieri sono da diverso tempo un punto di riferimento per il mondo magazzino della società giallorossa. Programmare con anticipo il materiale da mettere a disposizione agli atleti, con magliette, pantaloncini, calzettoni, e anche e soprattutto scorte mediche nel momento del bisogno sia in casa che in trasferta. Sembra facile, ma non lo è.

Il successo di una squadra di calcio non dipende solo da gol in rovesciate, prodezze dei portieri o schemi di gioco. Dietro le quinte c’è un lavoro silenzioso fatto di passione, di organizzazione, di serietà. E’ il ruolo del magazziniere, essenziale per il buon funzionamento di una squadra, anche se poco pubblicizzato. Il magazziniere non si occupa solo della lavanderia, di gonfiare i palloni o preparare le borse e le magliette per la partita. Molto spesso diventa un amico di tutti, soprattutto di giocatori. E’ il veicolo portante di una qualsiasi squadra, che sia a livello professionistico o dilettantistico. I nostri amici, grazie ad impegno, passione e soprattutto tanta pazienza ed attenzione, riescono a svolgere il proprio lavoro sempre nel migliore dei modi, mettendo tutti gli atleti nelle condizioni di scendere in campo e portare a casa l’intera posta in palio. Dai più piccoli alla prima squadra, stessa passione e stesso impegno. Insomma, una squadra nella squadra.

 

 

STOP AI CAMPIONATI, TAVASSI: “PRONTI A RIPARTIRE PER LA PROSSIMA STAGIONE”

Stop definitivo ai campionati dilettantistici di calcio a 11, di futsal e di calcio femminile, sia a livello nazionale che regionale. Lo ha sancito il Consiglio Federale che si è tenuto ieri  a Roma. Sarà sempre lo stesso organismo, chiamato a riunirsi nelle prossime settimane, a stabilire i criteri relativi agli esiti delle competizioni. Al Consiglio Direttivo della Lega Nazionale Dilettanti, che si terrà venerdì 22 maggio, spetterà invece il compito di formulare delle proposte al riguardo da presentare poi al Consiglio della FIGC.

“Si è chiusa ufficialmente, ieri pomeriggio, la nostra stagione agonistica  – afferma il presidente, Francesco Tavassi – Era nell’aria una decisione simile in categorie dove, per più ragioni, risultava impossibile riuscire a terminare i campionati. Resta un po’ di rammarico per non aver potuto concludere sul campo una stagione così bella e ricca di emozioni, ma allo stesso tempo siamo consapevoli che questa fosse la decisione più saggia da prendere. Ci impegneremo a far ripartire quanto prima tutte le nostre attività per la prossima stagione, rispettando sempre tutti i protocolli che saranno stabiliti per fronteggiare l’emergenza coronavirus, dalla scuola calcio alla prima squadra, con l’auspicio di vedere quest’ultima ai nastri di partenza del massimo campionato dilettantistico. Sarebbe il giusto premio per quanto dimostrato fino alla sospensione dei campionati. Colgo l’occasione anche per salutare e abbracciare virtualmente tutti i nostri straordinari tifosi”.

Polisportiva Santa Maria, Baldi: “Nel 2005 la mia prima esperienza giallorossa. Lealta’ e rispetto da insegnare ai bambini”

Campionato fermo, allenamenti fermi. Tutto fermo. E noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori, e anche chi fa parte del settore giovanile giallorosso. Oggi tocca a Rosario Baldi, istruttore delle selezioni minori giallorosse. Di seguito, ecco l’intervista integrale:

Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria.

“La mia esperienza nella Polisportiva parte nel 2005 come massaggiatore della prima squadra che militava in Promozione. Ha seguito un periodo di collaborazione saltuaria come istruttore della scuola calcio, fino ad arrivare agli ultimi quattro anni. Far parte della società del proprio paese è sempre un motivo di orgoglio, soprattutto quando c’è l’ambiente giusto per fare bene ed essere un modello di riferimento”.

Qual è l’arma vincente, secondo te, per la costruzione di un settore giovanile fruttuoso ed efficiente?

“L’organizzazione meticolosa e gli uomini giusti con compiti precisi che interagiscono costruttivamente tra di loro è il punto di partenza. Nulla deve essere lasciato al caso, neanche il rapporto con i genitori”.

Come nasce la tua passione per il calcio?

“La passione per il calcio, come quasi per tutti, nasce da bambino che nel mio caso si è trasformata in lavoro. Per la posturologia invece, è sbocciata grazie ad un professionista che ho avuto la fortuna di conoscere nel 2003, alla mia prima collaborazione con i centri di riabilitazione”.

Qual è, secondo te, l’aspetto più importante da trasmettere ai ragazzi?

“Ai ragazzi bisogna insegnare la lealtà ed il rispetto per il prossimo, facendo capire loro che il calcio è un divertimento che genera aggregazione ed inclusione”.

In cosa bisogna migliorare in Italia per quanto riguarda la valorizzazione dei giovani?

“Mi riallaccio alla prima domanda. Bisogna essere organizzati, professionali e competenti”.

Cosa bisognerebbe instaurare, secondo te, per potenziare ancor di più il settore giovanile italiano?

“Il rapporto con i genitori. Non devono vedere la scuola calcio come un baby parking, tantomeno come una loro seconda opportunità, ma come un supporto valido con il quale interagire per la crescita psicofisica dei figli”.

Un consiglio ai bambini su cosa fare a casa durante l’emergenza coronavirus?

“Non devono stravolgere i loro ritmi, ma solo modificarli. Avere sempre qualcosa da fare, che siano compiti, videolezioni, aiutare i genitori in piccole faccende domestiche e fare attività motoria, per quello che si riesce fare tra le mura di casa. Ma soprattutto parlare molto con i genitori”.

Polisportiva Santa Maria, Di Stasi: “Serve maggior impegno della FIGC. Orgoglioso di far parte di questa società”

Campionato fermo, allenamenti fermi. Tutto fermo. E noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori, e anche chi fa parte del settore giovanile giallorosso. Oggi tocca a Luca Di Stasi, dirigente delle selezioni 2003 e 2004  giallorosse. Di seguito, ecco l’intervista integrale:

Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria.

“Una società al top, organizzata, precisa e con un alta attenzione ai suoi allievi e staff. Per me farne parte é stata un esperienza impegnativa, ma allo stesso tempo mi ha reso orgoglioso e mi ha dato molta soddisfazione”.

Qual è l’arma vincente, secondo te, per la costruzione di un settore giovanile fruttuoso ed efficiente?

“L’arma vincente per i settori giovanili é quella di dare ai ragazzi uno staff che li prepari sia tecnicamente che fisicamente, e in questo la Polisportiva é molto brava visto che ha messo a disposizione tecnici qualificati e preparatori atletici, cosa molto rara in quasi tutti i settori giovanili d’Italia”.

Come nasce la tua passione per il calcio?

“Diciamo che il calcio per me é stato come un fratello, perché permetteva di socializzare facilmente con gli altri ragazzi. Bastava incontrarsi anche in due per poi formare un bel gruppo per una partita competitiva. Questo é stato il motivo che mi ha fatto appassionare al calcio, scegliendo come sport da praticare finché ho potuto”.

Qual è, secondo te, l’aspetto più importante da trasmettere ai ragazzi?

“L’aspetto da trasmettere ai ragazzi é che il calcio è comunque un gioco. Va praticato con sana competizione senza cadere in violenza, rispettando regole e avversari”.

In cosa bisogna migliorare in Italia per quanto riguarda la valorizzazione dei giovani?

“Nel calcio italiano la valorizzazione non viene presa seriamente in considerazione, ma si preferisce andare a ricercare giocatori già formati all’estero dove puntano molto di più sui settori giovanili. Invece, nella Polisportiva, posso affermare che i ragazzi vengono in prima linea, affiancando loro uno staff che li fa crescere per poi farli esordire in prima squadra”.

Cosa bisognerebbe instaurare, secondo te, per potenziare ancor di più il settore giovanile italiano?

“Per un miglioramento generale del settore giovanile italiano ci sarebbe bisogno di una maggiore presenza della FIGC che si impegni con le società a mettere a disposizione maggiori strutture, attrezzature e collaboratori qualificati senza fare solo business”.

Un consiglio ai bambini su cosa fare a casa durante l’emergenza coronavirus?

“Durante questo periodo drammatico i ragazzi sono stati invitati a restare a casa cercando di essere costanti con i loro allenamenti seguendo comunque una sana alimentazione. Inoltre, il team di ogni categoria ha continuato a seguire i propri allievi inviando loro video e consigli per gli allenamenti”.

Polisportiva Santa Maria, Cerullo: “Il nostro sistema deve cambiare. Il vero valore da trasmettere e’ la passione”

Campionato fermo, allenamenti fermi. Tutto fermo. E noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori, e anche chi fa parte del settore giovanile giallorosso. Oggi tocca a Mario Cerullo, allenatore della selezione U17 giallorossa. Di seguito, ecco l’intervista integrale:

Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria.

“Santa Maria e’ un posto fantastico, veramente incantevole, una cartolina dove ho trovato una società  in continua crescita che ha tutto per far bene. L’ambiente è familiare, ma allo stesso tempo molto competitivo e ti porta a dare sempre il massimo e a metterti sempre in discussione. Lo staff è di alto livello in ogni settore, ed in cima alla piramide c’è un presidente capace, ambizioso che ha creato in pochi anni una società strutturata, dinamica e in continua crescita”.

Qual è l’arma vincente, secondo te, per la costruzione di un settore giovanile fruttuoso ed efficiente?

“Per costruire un settore giovanile c’è bisogno di uno staff di alto livello che si aggiorna continuamente e che mette passione e abnegazione in tutto quello che fa, e che magari possa seguire i ragazzi sotto tutti i punti di vista. Sarebbe molto utile avere un posturologo, un atleta molto coordinato impiega la metà delle energie rispetto ad uno meno coordinato, avere un dietologo perché credo che, specie nella società moderna, i ragazzi debbano essere educati ad una giusta alimentazione per migliorare sia le prestazioni sportive che lo stile di vita in generale. E’ utile, infine, avere un mental coach,  capace di aiutare e sostenere i ragazzi nelle loro problematiche, per migliorarne l’autostima. Lavorare in equipe tra persone qualificate fa crescere non solo i  ragazzi ma l’intero staff, e il confronto quotidiano è sempre motivo di crescita”.

Come nasce la tua passione per il calcio?

“Sin da piccolo i miei mi dicevano che in casa stavo sempre a tirare calci a qualunque cosa rotolasse, poi la vera passione è nata giocando per strada con gli amici del quartiere. Poi la scuola calcio, proseguendo nei campionati dilettanti di anno in anno, portandomi a giocare in tanti posti diversi per la regione dove oggi è bello ritornare, per riabbracciare vecchi compagni di squadra e ridere sempre degli stessi aneddoti delle stagioni passate insieme, il calcio regala amici. Negli ultimi anni dell’attività giocata ho iniziato l’avventura di istruttore educatore, iniziando con l’attività di base  per proseguire ad oggi nelle  categorie agoniste”.

Qual è, secondo te, l’aspetto più importante da trasmettere ai ragazzi?

“La cosa più importante da trasmettere ai ragazzi è la passione per questo sport , la voglia di migliorasi, di sentirsi sempre in gara con se stessi e fare di tutto per migliorasi di allenamento in allenamento. Credere nell’importanza del gruppo, perché da soli non si va lontano, avere una grande dose di umiltà, ricordando che si scende in campo sempre per imparare. E’ necessario trasmettere ai ragazzi entusiasmo e coraggio affinchè non smettano mai di credere in loro stessi e nei loro mezzi, e se il successo non arriverà tra i campi di calcio l’autostima li renderà uomini dai sani principi, capaci di farsi spazio in una società sempre più esigente”.

In cosa bisogna migliorare in Italia per quanto riguarda la valorizzazione dei giovani?

“Oggi per i nostri ragazzi è dura emergere. Le società vogliono ragazzi subito pronti senza lasciare agli stessi il giusto tempo di maturazione e crescita. Spesso evitano programmazioni di lungo corso,  pretendono giocatori pronti subito a discapito della qualità tecnica, anche se per me il calcio è tecnica, dribbling, fantasia. Oggi anche la Nazionale Italiana fa fatica a trovare giocatori bravi tecnicamente, capaci di fare la superiorità numerica. Credo che le responsabilità siano da ricercare sia nei tecnici che nei nostri giovani, che  spesso presi anche da altri interessi, mollano alle prime difficoltà. Oggi, purtroppo, l’abbandono è un aspetto drammatico del nostro sport”.

Cosa bisognerebbe instaurare, secondo te, per potenziare ancor di più il settore giovanile italiano?

“Sono convinto che il sistema debba cambiare. Nei settori giovanili professionistici i ragazzi pagano per giocare, i genitori fanno da sponsor foraggiando le società per far giocare i propri figli, gli allenatori portano gli sponsor per allenare, è un calcio malato che non premia la qualità, anzi la reprime. Basti pensare che molte squadre Primavera vengono fatte per regolamento e non per dare un futuro ai ragazzi, i quali cambiano società di anno in anno senza mai trovare l’ambiente giusto per loro dove crescere tranquilli. Tanti ragazzi superano l’età da under e spariscono dal panorama calcistico. Prima non contava l’età, giocavano quelli bravi, le società non prendevano soldi facendo giocare i giovani, oggi tanti campionati professionistici si basano sui soldi che la Federazione dà alle presenze che gli under fanno durante la stagione. Non c’è nessuna programmazione, si vive alla giornata e questa cosa sicuramente influisce sui nostri ragazzi. Io partirei da lontano: innanzitutto metterei la regola che ogni squadra debba avere almeno cinque giocatori cresciuti nel proprio settore giovanile, poi farei una regola per far giocare fisso, magari anche uno spezzone di gara, almeno un Under 21 in ogni gara”.

Un consiglio ai bambini su cosa fare a casa durante l’emergenza coronavirus?

“Ai bambini dico di non impigrirsi sul divano davanti alla tv, basta un piccolo  spazio come un balcone e prendere un pallone per iniziare a giocare. Dai un pallone ad un bambino e lo renderai felice. Godetevi questi giorni per fare con il pallone tutto quello che vi passa per la testa e, perché no, per imitare le finte o le giocate tecniche dei vostri idoli. Vedrete che con l’esercizio diventerete bravissimi divertendovi”.

Polisportiva Santa Maria, Solimeno: “Seguiamo ancor di più’ i talenti italiani. Abitavo a 100 metri da un campo sportivo..”

Campionato fermo, allenamenti fermi. Tutto fermo. E noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori, e anche chi fa parte del settore giovanile giallorosso. Oggi tocca a Ivan Solimeno, allenatore della Juniores giallorossa. Di seguito, ecco l’intervista integrale:

Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria.

“La mia esperienza con la Polisportiva Santa Maria è qualcosa di fantastico. Sono 4 anni che faccio parte di questa grande famiglia, di questo grande progetto la quale io faccio parte. Quattro anni fa arrivarono le chiamate del direttore Giannella e Guariglia per occuparmi del gruppo Giovanissimi Regionali 2002. Abbiamo fatto una bella stagione con quella squadra, in campionato siamo arrivato a un passo dalla finale playoff. Erano tanti anni che una compagine cilentana non raggiungeva un’obiettivo così, e questo è dovuto al grande lavoro che venne fatto in quel periodo di scouting da parte della società. La mia esperienza, poi, è proseguita con il settore giovanile, e infatti quest’anno guido la Juniores, un gruppo con il quale abbiamo fatto un discreto campionato. Ho incontrato persone fantastiche come il Presidente, il direttore Guariglia, e anche i nostri magazzinieri Marcello, Gerardo e Costabile. Mi trovo davvero in un’ambiente fantastico”.

Qual è l’arma vincente, secondo te, per la costruzione di un settore giovanile fruttuoso ed efficiente?

“Noi dobbiamo partire dalla base che è costituita da uomini e società che in questo caso a noi non ci ha mai fatto mancare nulla sotto tutti gli aspetti. Nel mio primo anno avevamo fatto le cose alla grande, dovevamo proseguire in quella direzione perché avevamo creato gruppi selezionati e dovevamo perseguire su quella linea. Al di là degli istruttori che devono essere gente esperta e capace, bisogna fare scouting e godere di un gruppo di 20 giocatori per ogni fascia di età. Questo è l’obiettivo. Anche sotto questo aspetto stiamo crescendo, perché la nostra scuola calcio è ricca di tesserati. Per i gruppi agonistici, invece, dobbiamo fare in più soprattutto per quanto riguarda 2003, 2004 e 2005 perché l’anno prossimo con i 2004 si andrà a formare un bel gruppo di Allievi Regionali, 2005 mini Allievi, e 2006 Giovanissimi puri. Su questi tre gruppi, compresi 2007, dobbiamo cercare di fare più scouting e di avere più possibilità di reclutare giocatori. Avere gruppi folti, di qualità e avere almeno 20 giocatori a disposizione per poter costruire qualcosa di importante”.

Come nasce la tua passione per il calcio?

“La mia passione per il calcio è nata perché abitavo a 100 metri da un campo sportivo. Nel 1977-78 ho visto più volte il Milan, e mi piacevano molto Maldera e Rivera. Rimasi affascinato dai colori rossoneri, e da lì è nata poi la passione per il calcio. Avendo il campo così vicino andavo sempre a giocare, non era come adesso che ci sono scuole calcio. C’erano campi di terra dove ci si incontrava con altri ragazzi e si iniziava a giocare. Ovviamente, però, guardo tutte le partite quando mi è possibile perché sono un grande appassionato”.

Qual è, secondo te, l’aspetto più importante da trasmettere ai ragazzi?

“L’aspetto più importante da trasmettere ai giovani è quello di essere tranquilli e di avere sicurezza nei propri mezzi, e fargli capire che bisogna sempre lavorare con grande spirito ed entusiasmo ascoltando i consigli dell’allenatore lavorando in settimana con grande sacrificio. Questo é il consiglio che posso dare ai giovani, perché solo attraverso il lavoro e la capacità di ascoltare il tecnico si può migliorare e conseguire traguardi importanti. Noi nel calcio abbiamo grandi esempi, giocatori che avevano qualità non eccelse che hanno fatto grandi carriere come, ad esempio, Gattuso, Colombo e tanti altri giocatori che non erano eccelsi dal punto di vista qualitativo ma che avevano grande spirito di sacrificio e grande capacità di lottare e mettersi a disposizione dell’allenatore”.

In cosa bisogna migliorare in Italia per quanto riguarda la valorizzazione dei giovani?

“Noi in Italia abbiamo meno coraggio rispetto agli altri paesi europei, perché se vediamo la Spagna, l’Olanda e la Francia ci sono giocatori molto giovani che hanno già fatto una carriera importante. L’esempio lampante è Mbappe del PSG e qualche altro giocatore che non menziono perché stiamo parlando di calciatori che hanno una qualità’ al di fuori dal comune. Sono dei campioni non costruiti, ma che ci sono già’ nati. Bisogna dire che noi dobbiamo avere più’ capacita’ di dare spazio ai giovani, soprattutto se hanno talento e qualità’. Molte volte questo viene precluso perché si tende a far giocare il giocatore piu’ esperto che ha più’ partite sulle spalle, pero’ io sostengo che se un giocatore ha qualità’ ed è giovane deve giocare e deve avere più’ spazio. I giovani rappresentano il futuro in tutto, e questo lo dimostrano molte squadre dove c’é un’eta’ media bassa e che allo stesso tempo portano a casa risultati. Più spazio e visibilità ai giovani, soprattutto se ha grandi qualità'”.

Cosa bisognerebbe instaurare, secondo te, per potenziare ancor di più il settore giovanile italiano?

“Bisogna partire da un presupposto iniziale che è quello che anche nel settore giovanile le squadre che hanno più’ risorse acquistano giocatori stranieri di qualità. Non ho nulla contro gli stranieri, ma dobbiamo prima salvaguardare il nostro calcio monitorando tutta l’Italia, da Lampedusa a Trento, analizzando se ci sono calciatori di qualità’. Oggi viviamo in una società’ dove non tutti si possono permettere di andare a scuola calcio, e ci sono molti ragazzi che hanno capacita’ e non vengono perché’ economicamente non possono permetterselo. Noi dobbiamo andare anche a scovare chi e’ quel giocatore che sta in strada, perché’ ai miei tempi noi giocavamo per strada mettendo le pietre per fare le partitelle. Per questo vediamo che i talenti vengono dalle zone più’ emarginate del mondo che socialmente hanno poco. Noi dobbiamo andare a scovare i talenti ovunque. Per salvare il nostro calcio dobbiamo prima pensare ai nostri giovani italiani, e posso garantire che ce ne sono davvero tanti. Un tecnico italiano disse che gli italiani hanno poca voglia di lavorare. Questo e’ un’elemento da prendere in considerazione, perché’ viviamo in una società’ iper consumistica dove ognuno di noi ha un telefono e un computer ed e’ più’ portato a stare vicino ad uno di essi e a giocare poco a calcio. Questo lo noto anche in alcuni ragazzi dove c’e’ poca voglia di venire al campo e di venire ad allenarsi. Dobbiamo essere bravi noi a stimolarli e a farli venire a giocare, facendoli divertire e dandogli queste direttive”.

Un consiglio ai bambini su cosa fare a casa durante l’emergenza coronavirus?

“Ai bimbi si possono dare diversi consigli in base allo spazio che loro hanno a disposizione, perché’ anche in questo caso la situazione attuale e’ un po’ discriminante.’ C’e’ chi vive in un condominio piccolo e chi un’abitazione privata dove ha a disposizione un giardino per giocare tutto il tempo che vuole. Chi abita in un condominio può’ divertirsi facendo i palleggi con la carta igienica, oppure usando i palloni di spugna cerando di giocare mettendo anche qualche bottiglia di plastica per fare gli slalom. Chi ha un giardino, ovviamente, ha più’ spazio per svariare. L’aspetto da prendere sempre in considerazione, comunque, è quello di giocare e divertirsi senza pensare ad altro”.

Polisportiva Santa Maria, Cardinale: “Abbiamo un settore giovanile efficiente. Sono tanti i momenti calcistici che ho vissuto..”

Campionato fermo, allenamenti fermi. Tutto fermo. E noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori, e anche chi fa parte del settore giovanile giallorosso. Oggi tocca a Roberto Cardinale, allenatore dell’U14 che, prima della sospensione delle attività, stava ottenendo degli ottimi risultati sotto diversi punti di vista. Il tecnico giallorosso, inoltre, può vantare un’importante carriera da calciatore alle spalle avendo calpestato l’erbetta di tutte le categorie nazionali, Serie A compresa con la maglia del Perugia. Di seguito, ecco l’intervista integrale:

Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria.

“La mia esperienza a mio avviso è stata ottima. Ho lavorato con i 2009 e i 2006. Con i 2009 abbiamo fatto pochi confronti nella prima parte di stagione per via della pioggia incessante che è caduta. Con l’anno nuovo stavamo trovando una buona continuità di crescita, ma poi purtroppo ci siamo fermati per il Covid. Ragazzi educatissimi con buone individualità. Riguardo ai 2006 credo che abbiamo fatto un buon lavoro dal punto di vista tecnico-tattico ottenendo grandi risultati. Sono molto contento per questi ragazzi. Qualcuno di loro ad inizio stagione e ancora oggi, pensava che non saremmo neanche usciti in classifica, e invece si sono superati mettendo in evidenza tutto ciò che provavamo in allenamento. La cosa che mi ha reso più contento è che durante il percorso i ragazzi si sono assentati quasi mai, e questo è stato per me motivo d’orgoglio”.

Qual è l’arma vincente, secondo te, per la costruzione di un settore giovanile fruttuoso ed efficiente?

“Per un settore giovanile efficiente sicuramente c’è bisogno di un mix di componenti, struttura in primis, società importante, programmazione, obiettivi, persone competenti che vi lavorino all interno. Tante di queste caratteristiche sono quelle che ovviamente abbiamo a Santa Maria, capitanati da un presidente perbene e competente, passando per dirigenti e staff tecnico molto professionale”.

Come nasce la tua passione per il calcio?

“La mia passione per il calcio nasce in età molto tenera. I miei mi ricordano che mi svegliavo di notte per giocare nel corridoio, poi più grande a rompere piante fuori al balcone, più tardi ancora giù nel cortile a rompere vetri del portone, dove poi per disperazione mi hanno portato alla scuola calcio. E da lì il via. Guardando Maradona allo stadio è stato tutto più facile”.

Il tuo momento calcistico più bello?

“Di momenti calcistici belli ne ho tanti. Dal primo contratto da professionista appena 17 enne, all’esordio in Serie B subito dopo. I derby con il Napoli, Avellino, ai tanti campionati in tante città, all esordio in Serie A, per finire alla maglia della Nazionale e difenderne il proprio paese sotto le note dell’inno nazionale”.

Qual è, secondo te, l’aspetto più importante da trasmettere ai ragazzi?

“Ai ragazzi bisogna trasmettere tutto. Io nel mio piccolo cerco di toccare tutti i tasti perché alla fine serve tutto e tanto. Autostima, motivazioni, passione, voglia, concorrenza e rispetto delle regole”.

In cosa bisogna migliorare in Italia per quanto riguarda la valorizzazione dei giovani?

“Diciamo che con i giovani c’è sempre da migliorare. Per loro le distrazioni rispetto a tanti anni fa sono tante, quindi bisogna impegnarli, spronarli e motivarli in continuazione”.

Cosa bisognerebbe instaurare, secondo te, per potenziare ancor di più il settore giovanile italiano?

“Per potenziare il settore giovanile sicuramente bisognerebbe far giocare in primi gli italiani, e in Italia di tecnici validi pronti ad indirizzarli ce ne sono”.

Un consiglio ai bambini su cosa fare a casa durante l’emergenza coronavirus?

“I bambini in questo periodo sono stati bravissimi devo dire. Stare chiusi in quattro mura per due mesi non è cosa facile. Ai miei ragazzi per telefono ho detto di seguire le lezioni e giocare con tutto quello che c’è da giocare”.

Polisportiva Santa Maria, Chiariello: “Serietà e rispetto prima di tutto. Cannavaro e Chiellini i migliori del ruolo”

Campionato fermo, allenamenti fermi. Tutto fermo. E noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori. Oggi tocca a Stefano Chiariello, difensore centrale classe 1996 arrivato nel mercato estivo per rimpolpare ancor di più il competitivo reparto arretrato giallorosso. Nella sua carriera, ha giocato in Serie D con le maglie dell’Agropoli e del Gragnano. Quest’anno, la scelta di tornare a giocare nel Cilento, in Eccellenza, con la maglia della Polisportiva. Di seguito, ecco l’intervista integrale:

Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria?

“La mia esperienza con la Polisportiva mi ha regalato tante soddisfazioni. Il conoscere persone e istaurare un rapporto familiare, come una seconda casa, partendo dai compagni passando dallo staff fino ad arrivare alla dirigenza che si è sempre contraddistinta e ha messo serietà e rispetto all’apice di tutto”.

Qual è l’arma vincente, secondo te, di questa squadra?

“Secondo me il gruppo, soprattutto nei momenti del campionato dove c’è stato un momento di crisi. Lì ci siamo fatti forza tutti insieme, ci siamo compattati e se ora siamo dove siamo e grazie a questo. Gruppo inteso anche come società e staff che ci fanno stare sempre bene”.

Come nasce la tua passione per il calcio?

“Come credo che sia nella maggior parte delle persone, credo che uno ci nasca con questa passione. Sin da piccolo la strada mi ha insegnato tanto, l’essere felice anche stando tu e un pallone è la cura a volte a molti problemi che ci attanagliano in questa vita,mi riferisco anche a molti ragazzi che oggi pensano più alla tecnologia e meno alle cose vere e sane come il vivere senza questo mondo virtuale”.

Qual è il tuo momento calcistico più bello?

“Posso dirti che un momento particolare è stato l’esordio in Coppa Italia a Castellamare. Venivo da un anno di sacrifici lontano da casa e penso che quel traguardo ,se possiamo chiamarlo così, sia stato il frutto del lavorare, del mettersi sotto e del cercare quello che si vuole facendolo sempre al 100%”.

A quale calciatore t’ispiri?

“Ce ne sono tanti al giorno d’oggi difensori forti,  ma il mio occhio cadeva sempre su quel Cannavaro dei Mondiali dove non passava nemmeno l’aria. Ma come difensore nel vero senso della parola, oggi per me è Chiellini. E’ lui che rincalza meglio questa parola, dove non si arriva con la tecnica si arriva con la testa. E’ lui un esempio lampante”.

Cosa fai quando non dai un calcio a un pallone?

“Per il mio modo di essere non riesco a stare fermo seppur non c’è il calcio. Mi tengo occupato con il lavoro, e non mancano i momenti per leggere un libro o guardare qualcosa di costruttivo”.

Il tuo messaggio in un momento così delicato per tutta la nostra Nazione?

“Purtroppo stiamo vivendo qualcosa che ha dell’incredibile. Tutt’ora ancora non credo a quello che stiamo vivendo. Il mio messaggio è quello di prendere sempre il lato positivo delle cose, anche quelle più brutte come questa pandemia, e quindi pensare meno alle sciocchezze, ma godersi e vivere tutto al 100%”.

Polisportiva Santa Maria, Dentice: “Una squadra dal cuore infinito. Ho iniziato al Sudtirol, poi..”

Campionato fermo, allenamenti fermi. Tutto fermo. E noi allora ne approfittiamo per conoscere un pò meglio i nostri calciatori. Oggi tocca a Pietro Dentice, jolly difensivo classe 1995 arrivato nel mercato di riparazione. Originario di Torre Annunziata, può vantare diverse esperienze in C con Juve Stabia e Siracusa, e in D con Reggina, Akragas e Aurora Seriate. Quest’anno, invece, ha vestito nella prima parte di campionato la maglia del Pavia, prima di rientrare in Campania e sposare il progetto Polisportiva Santa Maria. Di seguito, ecco l’intervista integrale:

Raccontaci della tua esperienza con la Polisportiva Santa Maria?

“Un’esperienza unica come ogni annata, anche se questa la devo paragonare a quelle annate stupende, importanti, perché quando hai l’obiettivo di vincere diventa tutto più bello!”

Qual è l’arma vincente, secondo te, di questa squadra?

“C’è una parola che possa racchiudere quello che siamo noi, e quella parola cuore, tanto cuore!”

Come nasce la tua passione per il calcio?

“Il calcio nella mia vita è sbocciato tardi, forse perché questa passione è iniziata per via di problematiche in famiglia e mi sono rifugiato in questo sport che poi è diventato ragione di vita. Ho iniziato a giocare a l’età di 12 anni, e l’anno dopo mi sono ritrovato ad abbandonare la mia famiglia per quello che poi è diventato il mio sogno”.

Qual è il tuo momento calcistico più bello?

“C’è ne sono tanti. Avevo 16 anni e venivo da un annata importante al Sudtirol, categorie allievi nazionali. Quell’anno iniziò la mia esperienza da terzino destro collezionando ben 8 gol, e iniziai a farmi notare dalla prima squadra militante in C1. Terminato l’anno, mi dissero che dovevo iniziare il prossimo ritiro con la prima squadra. Quando mi arrivó una chiamata quasi a metà luglio dal mio procuratore dicendomi che non facevo più parte del progetto prima squadra Sudtirol, io mi posi tante domande chiedendomi del perché questa decisione. Ma come ? Cosa è successo ? E il mio procuratore disse che ero statoceduto al Palermo! Mi ricordo ancora bene. Ero al mare, corsi da mia madre e gli dissi che dovevo prendere l’aereo, e lei senza sapere la squadra pianse a singhiozzo. Arrivò il giorno della partenza. Iniziai il ritiro impegnandomi al massimo, ma era già da un mese che mi portavo dietro una pubalgia cronica causata dai troppi minuti giocati nell’annata precedente tra Allievi e Beretti, e quindi dopo un paio di settimane di lotta per stare al passo se ne accorsero e non vollero puntare più sul mio acquisto. Un momento bello e duro. Mi rimboccai subito le maniche, e poi mi ritrovai in C due anni dopo vincendo un campionato D/C con l’Akragas e l’anno dopo ancora con il Siracusa. Quello che voglio dire è che i momenti brutti bisogna accettarli tanto quanto quelli belli, perché sono proprio quelli che poi ti spingono a raggiungere ciò che ti sembrava impossibile!”

A quale calciatore t’ispiri?

“Mi piace guardare Marcelo, Dani Alves, Cancelo, anche se penso che mi avvicino più alla caratteristiche di Letizia del Benevento”.

Cosa fai quando non dai un calcio a un pallone?

“Quando erano aperte mi piaceva andare in palestra. Ora come ora mi è rimasta solo la tv e ovviamente scherzare con mio figlio!”

Il tuo messaggio in un momento così delicato per tutta la nostra Nazione?

“La vita oggi ci ha fatto capire che non esiste forza economica, non esiste bellezza, non esiste il più e il meno. Forse da questa esperienza ne usciremo distrutti su tanti fattori, ma su una cosa sicuramente miglioreremo, ossia dare più valore a ciò che fino a ieri davano per scontato. Penso che nella vita i dolori sono sicuri, la felicità dobbiamo crearcela noi. Quindi non molliamo, che dopo la tempesta arriva sempre quel sole sperato!”

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